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Dark, ghost e cloud kitchen: quali sono le differenze?

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Dark, ghost e cloud kitchen: quali sono le differenze?

Sono termini che circolano già da qualche anno, ma la pandemia del 2020 ne ha sicuramente facilitato la diffusione.

Si tratta di un nuovo modo di fare ristorazione, che punta tutto sul delivery e che viene alimentato dalla seconda linea di ristoranti già esistenti o da laboratori che producono piatti solo per le consegne, senza consumo di cibo dentro il locale.

Sono sempre di più in Italia le dark, ghost e cloud kitchen: tante facce di un fenomeno che sembra inarrestabile. Vediamo insieme le differenze.

dark kitchen

Il boom del delivery

La pandemia ha dato una brusca accelerazione al fenomeno del delivery, ovvero la consegna a domicilio dei piatti preparati dal ristorante.

Il valore del food delivery online, in Italia, è salito a 863 milioni di euro nel corso del 2020, portandolo ad un +46% sul 2019 e con una copertura che tocca il 93% delle città sopra i 50 mila abitanti (al podio restano sempre Milano, Torino e Roma).

Oggi però non parliamo più soltanto di ristoranti che dedicano una parte della loro cucina alla preparazione di piatti da destinare alla consegna. L’evoluzione della ristorazione è il ristorante senza sala, che vive solo come entità digitale, e che fa una cucina delivery-only. Proviamo a mettere ordine tra le varie tipologie esistenti:

Dark kitchen 

Rappresenta la formula meno impattante per i piccoli operatori nella ristorazione, in quanto prevede la creazione di un’area della cucina del ristorante esistente dedicata esclusivamente alla produzione ed alla gestione dell’offerta dedicata al food delivery.

La dark kitchen si rivela ottimale nel caso in cui il ristorante sia in una zona con alta densità di uffici o scuole e che quindi veda flussi concentrati in un ristretto periodo di tempo poiché, se ben organizzata, aumenta esponenzialmente la possibilità del ristoratore di raggiungere la propria clientela senza aumentare il numero di sedute. Questa soluzione prevede anche il take away. 

A volte, questa particolare gestione viene utilizzata per dare vita ad una seconda insegna che è solo virtuale. L’imprenditore è lo stesso ma i due brand sono diversi: uno è per il servizio fisico al ristorante e l’altro è un brand virtuale attivo solo per le consegne online. Si va così a creare un “sotto-ristorante”, che esiste solo online, con lo scopo di aumentare il business ottimizzando personale e materie prime, oltre che cavalcare le mode – come quella delle poke o del sushi – se ad esempio già si cucinano pesce o verdure, oppure per promuovere una cucina sana e sostenibile.

Ghost kitchen

É un modello di ristorante in cui un singolo operatore gestisce un laboratorio-cucina all’interno del quale sviluppa uno o più brand esclusivamente dedicati al delivery. La preparazione dei piatti si svolge all’interno di un locale che non prevede nessuna insegna e nessun tipo di somministrazione al pubblico

Un esempio di ghost kitchen è quello creato a Milano dalla ex concorrente di Masterchef 5 Alida Gotta: una sola cucina da cui escono i piatti di quattro brand diversi presenti sulle principali piattaforme di delivery (gli hamburger di Giga Burger, le pizze di Lievito Mother Fucker, le carni di Gira-Gira Arrosto e i fritti di pesce di Fritt Fighter). 

Come in questo caso, solitamente i diversi brand si focalizzano su proposte ristorative alternative, per garantire una profondità dell’offerta superiore ed una ottimizzazione dei cicli di lavoro.

Cloud Kitchen

Si tratta di un modello di ristorante che opera con uno schema di co-working: diversi operatori condividono una cucina e molti dei costi operativi.

Solitamente una società immobiliare mette a disposizione uno spazio-cucina suddiviso in tante postazioni già allestite. Chi vuole avviare un business di ristorazione delivery-only può affittare una postazione e iniziare a preparare e a consegnare i piatti attraverso le piattaforme di delivery.

dark kitchen

All’interno di quest’area in co-working ci saranno quindi da due a più ristoratori, ognuno gestore della propria attività e con nessun legame imprenditoriale tra loro. 

Alcune piattaforme di Food Delivery realizzano in proprio delle Cloud Kitchen da affittare a ristoratori che si impegnano però a produrre piatti in esclusiva per la piattaforma.

Virtual kitchen

La virtual kitchen prevede la produzione e la consegna di cibo prodotto sotto licenza di franchising o licensing di un altro brand

Il modello si sovrappone a quelli precedenti perché tramite la virtual kitchen il ristoratore della cloud kitchen, ghost kitchen o dark kitchen produce all’interno dei propri locali piatti sotto il marchio per il quale è concessionario e che devono seguire le ricette, la comunicazione, il marketing e il know how imposto dal master franchise, al quale riconoscerà delle fee a seconda delle disposizioni contrattuali.


Il futuro della ristorazione

Le alternative analizzate, e più in generale il delivery, sono definiti da tanti come il futuro della ristorazione. Si tratta sicuramente di soluzioni in costante crescita e che tutti noi, chi più e chi meno, ha utilizzato e continuerà ad utilizzare anche in futuro.

Ma qualsiasi ristoratore che opera o che vuole operare in questo settore deve fare attenzione ad un aspetto: nei ristoranti che esistono solo online manca l’esperienza fisica di consumo. Bisogna, quindi, trovare delle modalità con cui compensare questa mancanza: dall’utilizzo di packaging sostenibili e particolari alla possibilità di ordinare piatti modificabili e non solo standardizzati. L’importante è riuscire a fidelizzare il cliente riuscendo a creare un’ottima esperienza anche online.

Articolo scritto in collaborazione con Dynamic Food Brands.

MOFU - BOFU - RESTAURANT
Published On: 12 Luglio 2021Categorie: Ristoranti

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About the Author: Marta Maestri

Marketer e content creator, con una forte passione per tutto quello che è food. Millennial, laureata in Marketing e con esperienza in aziende Food & Beverage sia in Italia che a Londra. Credo in un futuro di sostenibilità e umanizzazione.