Perché le aziende dovrebbero preoccuparsi di cosa mangiano i propri dipendenti
Perché le aziende dovrebbero preoccuparsi di cosa mangiano i propri dipendenti
Può l’impresa italiana ascoltare la chiamata della comunità scientifica internazionale e, quindi, facilitare il passaggio a un’alimentazione più sana e sostenibile?
La promozione delle best practices è un modo non solo per contrastare concretamente la crisi climatica e contribuire al raggiungimento degli SDGs dell’Agenda 2030, ma anche per permettere di migliorare la salute e la produttività dei propri dipendenti.
Vediamo nel dettaglio perché è un’occasione da non perdere.
Sostenibilità nel piatto
Quando si parla di sostenibilità ambientale, il primo pensiero riguarda quasi sempre i mezzi di trasporto o le metodologie produttive. Invece, dovremmo preoccuparci anche di quello che mettiamo nel piatto, a casa come al lavoro.
Infatti, un quarto delle emissioni totali di gas serra viene dal settore alimentare: esistono cibi con un impatto talmente elevato che andrebbero consumati solo raramente. Un caso su tutti: il settore zootecnico emette da solo più del settore dei trasporti (15% delle emissioni totali) e i prodotti animali, soprattutto la carne rossa, inquinano e consumano più risorse di quante la Terra sia in grado di rigenerare. In un modo o nell’altro, ribadisce la comunità scientifica internazionale, dovremo rivedere di molto le nostre abitudini a tavola per evitare il collasso del sistema alimentare – dato che saremo 10 miliardi nel 2050 e non avremo un pianeta extra per coltivare cibo.
Come suggerisce Hans-Otto Pörtner, ecologo e codirettore del gruppo di lavoro dell’IPCC su impatti, adattamento e vulnerabilità: “Non vogliamo dire alla gente cosa mangiare, ma sarebbe davvero utile, sia per il clima sia per la salute umana, se le persone di molti paesi ricchi consumassero meno carne e se i politici creassero incentivi adeguati in questo senso”.
Cosa possono fare le aziende?
Prima di tutto, informare: la diffusione della conoscenza è un tassello fondamentale.
Complice una scarsa educazione alimentare nella cittadinanza, il cibo che mangiamo sembra non avere conseguenze a lungo termine, né sull’ambiente né sulla nostra salute.
Niente di più falso: le malattie cardiovascolari (prima causa di morte in Italia e responsabili del 23,5% della spesa medica nazionale) sono evitabili con una sana alimentazione e uno stile di vita attivo. Per fare un esempio di quanto c’è da migliorare, gli italiani consumano il triplo della carne consigliata dalle organizzazioni che si occupano di salute, e solo 50 g di legumi alla settimana, contro i 100 g giornalieri raccomandati dalla comunità scientifica.
Di fatto, manca una spinta aggregativa verso i comportamenti virtuosi. Qui possono entrare in gioco le imprese più lungimiranti: coinvolgendo i loro dipendenti nella promozione delle buone abitudini a tavola, innescano un impatto positivo concreto sia sociale che ambientale.
Queste aziende innovatrici sono viste come pioniere e ispirano a fare di meglio.
Un progetto gratuito per iniziare
Il progetto MenoPerPiù si occupa di avvicinare le aziende all’alimentazione sana e sostenibile con un approccio a 360°.
Il format online per migliorare la pausa pranzo è stato sviluppato per fronteggiare le conseguenze dello smartworking: composto da sei video-pillole sul tema della nutrizione ambientale (accompagnate da questionari di valutazione per coinvolgere i lavoratori, concorsi interni e momenti di discussione online con domande e risposte), sta riscuotendo successo in tante realtà, da PerPranzo a Stellantis.