La bufera dei buoni pasto: facciamo il punto
La bufera dei buoni pasto: facciamo il punto
Una filiera troppo lunga, quella dei buoni pasto, che vede coinvolti troppi attori e troppi interessi. Il rischio è un gioco al ribasso in cui ad essere penalizzata è la qualità dell’offerta
La filiera dei buoni pasto rischia di crollare a partire dalla base, ovvero dai ristoratori.
È ormai guerra aperta tra le maggiori associazioni di categoria rappresentanti di ristoratori ed esercenti del settore alimentare da una parte e lo Stato e le società emettitrici dei buoni pasto dall’altra: il pomo della discordia sarebbe la famigerata tassa occulta che i ristoratori sarebbero tenuti a pagare sulla riscossione dei buoni pasto.
Una tassa che andrebbe a decurtare di circa il 30% il loro guadagno, rendendo estremamente sconveniente accettarli: il sistema dei buoni pasto rischia davvero di crollare?
Proviamo a fare il punto della situazione per capire cosa sta cambiando nel mondo dei buoni pasto, quali possono essere i rischi e quali le alternative al loro utilizzo.
Buoni pasto: il punto della situazione in Italia
Attualmente sono circa 3 milioni i lavoratori italiani che beneficiano dei buoni pasto che, nel 2019, hanno raggiunto quota 500 milioni di emissioni, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi di euro.
Allo stesso tempo, sono migliaia le aziende che scelgono questo sistema in sostituzione della mensa aziendale e dell’indennità in busta paga: ma si tratta davvero della soluzione migliore per garantire ai propri dipendenti il pranzo aziendale?
A ben guardare, il sistema dei buoni pasto è un circolo vizioso: da un lato, lo Stato ha esigenza di risparmiare, motivo per il quale tende a premiare in sede di gara d’appalto, le aziende che presentano l’offerta economica più vantaggiosa.
D’altra parte, le società emettitrici dei buoni, per garantire il servizio a un prezzo ribassato, non trovano altra soluzione che rifarsi dei costi a valle, ovvero su ristoratori ed esercenti: ecco da dove ha origine l’aumento spropositato delle commissioni.
Questi ultimi, a loro volta, per non perdere una fetta importante di clientela che paga con i buoni pasto sono costretti a risparmiare sulle materie prime, offrendo pasti scadenti: il risultato è un gioco al ribasso in cui a rimetterci sono gli utenti finali, cioè i lavoratori, che vedono peggiorare la qualità del servizio offerto.
Non da ultimo, bisogna considerare il costo che i buoni pasto rappresentano per le aziende: considerando tasse e imposte, i datori di lavoro vanno a pagare davvero troppo per un servizio che rischia di diventare scadente.
Non bisogna dimenticare infatti che il pasto aziendale rappresenta una misura di welfare di base e come tale andrebbe tutelata, anche nel rispetto degli standard minimi di qualità.
Buoni pasto: quali alternative ci sono per le aziende?
Finora, nonostante le evidenti falle nel sistema, non solo per i ristoratori ma anche le aziende, la filiera dei buoni pasto ha resistito a varie crisi.
La rivolta delle associazioni di categoria potrebbe però rimettere tutto in gioco: il rischio è il tracollo completo del sistema dei buoni pasto, con tutti i danni che ne conseguirebbero per aziende e lavoratori.
Forse è arrivato il momento per le aziende di mettere al vaglio delle soluzioni alternative. Se la tua azienda utilizza ancora i buoni pasto ti consigliamo di leggere questo articolo e iniziare a valutare anche altre soluzioni per offrire ai tuoi dipendenti un pranzo aziendale di qualità: Buoni pasto cartacei, elettronici e mensa diffusa: confronto tra costi e benefici